Thursday 28 March 2019

sogno lucido della genelogia


All’inizio mi trovo dentro a una stanza piuttosto grande. È una sala, una galleria forse, oppure semplicemente un’aula. Ci sono delle persone che deambulano (forse ammirano qualche opera esposta ai muri, chissà, o forse aspettano qualcosa che deve cominciare) e su delle sedie di plastica, disposte in fila sulla parete, appoggio le mie cose.
Sicuramente passa del tempo in questa situazione in cui tutti sembrano un po’ assorti nei loro pensieri e dopo aver girato un po’ torno davanti alla “mia sedia” e vedo che c’è il mio maglione grigio sopra lo schienale e la mia borsa di cuoio a terra a destra. La cosa curiosa però è che c’è anche una borsetta da donna appoggiata sopra alla mia borsa (che le fa quasi da base, come se fosse stata messa là per non toccar terra) ed è sicuramente la borsetta di qualcuno che ha lasciato la giacca a destra (di colore nero), a due sedie dalla mia. Non mi infastidisco, ma noto questa cosa un po’ strana e non la trovo molto simpatica.

Ad un certo punto, dopo un po’ di tempo, tutti veniamo spinti (o ci dirigiamo, o ci obbligano ad andare) verso un angolo della sala, dove si apre una seconda stanzetta adiacente, più piccola, come se fosse una specie di spogliatoio o sgabuzzino... una sala di servizio.
Ci sono altre sedie disposte in fila, sempre con gli schienali attaccati ai muri e tutta la gente è seduta o stesa, io sono uno degi ultimi. Sembra che stiamo tutti ammassati in questo posto perché c’è qualcuno che sta facendo qualcosa nella sala principale.
La sensazione in realtà potrebbe essere quella di una banda di ladri che ci hanno minacciato e spinto fino a là per poter rubare tutto nella sala e chi si muove verrà ammazzato... anche se in realtà non ne sono molto sicuro: potrebbe infatti essere che stiano semplicemente preparando qualcosa e noi dobbiamo aspettare là in quel posto e basta. Mi ronza per la testa però l’idea di un gruppo di banditi dell’est Europa (Romania) e mentre passa il tempo e mi trovo confuso ad aspettare non so bene cosa, mi chiedo se avevo degli oggetti di valore dentro la giacca... penso che in effetti dovrei avere dei soldi nella tasca del giubbotto e nient’altro nella borsa. Non ricordo però quanti soldi e potrebbe essere che me li stanno rubando tutti.
Guardo sulla prima sedia a sinistra e c’è Toni, svaccato come se fosse su un sofà, insieme a delle ragazze voluttuose. Parlano... ridono forse... tutti sono disinteressati a cosa stia succedento... Mi alzo e guardo cosa succede nella sala principale: incrocio per sbaglio lo sguardo di una ragazza dai capelli nerissimi e corti: ci guardiamo, lei mi fa un sorriso. Ricambio. Mi siedo di nuovo, in realtà non posso fare nulla, ma potrebbero star rubando tutto a tutti di là. Aspetto.

Mentre tutto ciò si svolge con una certa confusione e lentezza, la visione del sogno inizia a modificarsi e, e, come uno zoom che si allontana lentamente dal luogo dell’azione, si comincia a vedere sempre di più tutto ciò che sta attorno alla scena: all’inizio si vede una grande autostrada periferica senza macchine, sormontata da giganteschi cavalcavia di cemento armato. C’è uno svincolo, un bivio che si apre a sinistra (molto vicino a dove doveva esserci la saletta con Toni e tutti noi altri), ma appena il punto di vista si allarga volando indietro si capisce che questa strada che doveva partire da questa deviazione è crollata giù, oppure è in costruzione, fatto sta che è tagliata e anche l’autostrada vuota è un cavalcavia che sta sopra a altri livelli... la luce, tra tutti questi livelli di strade è molto particolare e il paesaggio è post-atomico, abbandonato, desolante.
Lo zoom continua ad aprire il campo di visione e adesso uno dei giganteschi pilastri di calcestruzzo del cavalcavia si vede che passa attraverso un buco... una specie di circolo gigante oltre al quale c’è solo oscurità... passare attraverso questo enorme foro rotondo colloca il punto di vista nel buio e poco a poco è come se il circolo di luce di quel mondo dove mi trovavo prima (con il suo pilastro che ci passa trasversalmente in mezzo) diventasse un disco di luce di una dimensione luminosa, interna, mentre qua fuori, nell’oscurità non c’è nulla... il movimento continuo e lento verso indietro del punto di vista dà un effetto di movimento nello spazio e infatti adesso è come se quel buco fosse un portale di una immensa astronave dall’interno luminoso e io mi stessi allontanando nel vuoto dello spazio intergalattico nerissimo, senza stelle.
La porta rotonda dalla quale sono passato deve ora chiudersi: lentamente il pilastro inizia a ritirarsi verso l’interno della stazione spaziale e porta con sé la sua piattaforma di base, che probabilmente dovrebbe essere il portale di chiusura, che è un disco rotondo più o meno della stessa dimensione del buco (anche se non è perfettamente rotondo, anzi presenta molte stecche, barre o antenne disordinate su tutti i lati...).  Il lento e maestoso movimento si conclude, ma non molto bene perché il portale di chiusura e il buco sono disassati e quindi il disco pieno di spuntoni sbatte con il bordo in basso a destra del foro che viene tappato soltanto per poco più della metà. Questo disallineamento provoca lo staccamento del disco che cade nel buio più nero e si perde...

Continuo a volare indietro nell’oscurità perso nell’oblio cosmico senza nessun punto di riferimento e scopro alla fine che quella oscurità era in realtà un tunnel.
Un tunnel laterale di un complesso più grande.
Sono in un punto un po’ più luminoso a causa di una grande apertura sopra di me a un’altezza di un paio di metri dal suolo dove alla fine mi ritrovo ad essere poggiato.
Questa grande apertura è una parte deserta di una specie di grande cantiere. Le pareti di cemento sono rozze ma artificiali e la luce che arriva da fuori lascia comunque intuire che ci sono grandi strutture (abbandonate) che proiettano la loro ombra per terra (direi di nuovo cavalcavia e grandi palazzi urbani da periferia).
In basso a sinistra dell’apertura verso l’esterno si apre la galleria dalla quale sono venuto. Ma invece dall’altra parte, diametralmente opposto, il tunnel sotterraneo continua con un condotto ben più ampio. È una galleria dove potrebbe passarci un treno, è più larga che alta e il soffitto è scavato con una leggerissima inclinazione a volta, appena percettibile.
Tutta la struttura è grigia e abbandonata, piena di residui, pietre e macerie.
Dietro e davanti di me oscurità profonde.
Sopra le mie spalle l’apertura luminosa che dà un po’ di luce nel punto dove mi trovo, ma solo lì.
A questo punto del sogno, con naturalità, senza nessuna sorpresa, sono cosciente che tutto questo è un sogno. Anzi è quasi ovvio, nel senso che è come se tutto avesse preparato quel momento di coscienza lucida che era lo scopo finale delle esperienze precedenti e l’obiettivo di tutto era essere conscio ora, in questo momento per poter sfruttare questo sogno lucido al meglio, incontrandomi con essenze poderose come solo in un universo onirico si può fare...

inzio ad avanzare verso il nero profondo del tunnel principale, come se solo là ci fosse l’incontro che sto cercando... mantenendo la conscienza del sogno cerco di pensare quale possa essere la missione migliore... sono ormai profondamente avvolto dall’oscurità... penso di incontrare tutta l’umanità... ma forse è una missione troppo enorme... sono avvolto nel buio che avanzo... ecco! Decido alla fine di invocare tutto il mio albero genealogico! La mia famiglia! Tutti i miei antenati e progenitori insieme per incontrarli insieme!

Procedo nel tunnel che adesso in qualche modo riesco a vedere anche se, in teoria, non c’è più luce di prima... ci sono rocce, detriti, massi e sassi dappertutto... il tunnel è ancora vuoto... nessuna presenza si manifesta davanti ai miei occhi.
Ho invocato la mia famiglia, ma non vedo nessuno: il tunnel è deserto, ma continuo ad avanzare, non mi inquieto per questa attesa. Continuo fiducioso e solo...

Ad un certo punto una forza poderosa, mi impulsa da dietro: come un vento senz’aria o una forza magnetica senza spiegazione, mi solleva dal suolo e mi fa avanzare più velocemente di prima: sto levitando! Mi sento felicissimo!!! Lo spirito, gli spiriti, del mio albero genealogico si sono manifestati! Invisibili, ma presenti e fortissimi!!!
Sono sollevato a pancia in su, trasportato come un cantante che nel concerto si lancia sul suo pubblico: ho le braccia aperte e mi affido completamente a questa energia amica che mi trasporta velocemente in avanti, con calore e gioia.
Le mie gambe davanti, la testa indietro: mi abbandono a questa energia e mi viene da ridere! Da ridere tantissimo!!! Sono pieno di felicità!

Avanzo per un buon tempo in preda a quest’estasi donatami da tutti i miei progenitori e alla fine, giunto alla fine del tunnel, con un tocco leggero ed elegante del mio piede contro la parete grigia, faccio con tutta naturalità una piroetta elegantissima girandomi su me stesso ed arrivando a mettermi in piedi davanti al muro.
L’energia, con tutta sopntanietà, si dissipa e io noto che quel punto finale è in qualche modo luminoso (anche se con una luce... diversa... non intensa... inspiegabile). Dico tra me e me “che luce Candida...” e subito dopo penso... “Candido”... “Candida” (i miei bisnonni...) e mi si disegna un grande sorriso sulle labbra.
Noto una statuetta dentro a una nicchi scavata sulla parete... mi avvicino a guardarla... si tratta di una statuetta simile a quelle statue hindu di templi come quelli di Ellora o Ajanta... vedo da vicino una faccia e si tratta di una faccia di scimmia, su un corpo di uomo decorato, elegante e vestito di monili e in posizione di meditazione (stile dio Aruman, quasi). L’espressione della faccia da scimmia era arrabbiata e infastidita... in qualche modo quella statua ha a che vedere con l’anima di Candido... ma non capisco come... ma la statuina non è solo questo: allontanandomi un poco dal dettaglio della faccia, scopro che ci sono altre due teste davanti a quella che stavo osservando. È come se tre figure di divinità dalla faccia di scimmia siano unite tra loro l’una davanti all’altra. Le facce diventano progressivamente più rilassate (e umane?) e se la testa centrale è seria, ma anche fiera e determinata, la prima testa ha un’aria molto soddisfatta e sorridente (non saprei dire se sono teste di uomo di scimmia, di uomo o di donna...).
Intuisco che in qualche modo quella statua rappresenta una stratigrafia dell’anima di Candido (e di ciascuno di noi) dove un nucleo centrale è una scimmia scontenta e via via, altri livelli dell’anima diventano più felici ed elevati...
Ma non capisco fino in fondo, anche se nel sogno mi sembra infinitamente significativa questa simbologia e, anzi, penso di realizzare questa iconografia per tutti, anche per me... la prima scimmia sarebbe nel mio caso una metafora del mio “mr. Vitiminha”.
Ma non ho molto tempo per pensarci... sulla mia sinistra si apre la sala d’entrata un palazzo luminoso e sontuoso: le proporzioni sono classiche e tutto è di un bianco incredibilmente puro, anche se ogni parete, colonna, porzione di soffitto è decorata , con sobrietà e buon gusto, con decorazioni stile pitture antiche, romane classiche. Queste decorazioni sono incredibilmente colorate, ma con uno schema di colori ben chiaro e costante, anche se è come se si trattasse di colori mai visti e lo stile del disegno è unico, ma anche familiare... l’abbondanza di decorazioni e colori tuttavia non dava nessun senso di eccesso di pomposità, anzi, tutto sembrava spazioso, minimale, fresco e bianco... inspiegabilmente.
Alla mia destra, dietro una porta decorata stile pompeiano, una figura che non ricordo né forse vedo, ma che era formidabilmente importante e assolutamente conosciuta, mi invita, con una voce calda accompagnata un gesto elegante e amichevole della mano, a seguire la sua assistente che è una signora, bassa, un po’ robusta, sulla cinquantina, quasi bionda (con una lieve tonalità rossiccia forse), dai capelli ondulati e leggeri che le arrivano fino ai fianchi.
Lei si stava già dirigendo verso sinistra, oltrepassando la colonna centrale della sala e spostandosi verso la porta a sinistra dove si apriva un altra formidabile e bellissima sala ancor più grande e spaziosa.
La seguo e lei con professionalità e tranquillità, mi invita (forse per nome, conoscendomi già) a dare un’occhiata a una mappa posta su un basamento al lato di questa sala bellissima: si tratta di una specie di mappa di una città, decorata con lo stesso stile e gli stessi colori delle pareti, il che mi sembra allo stesso tempo, curiosissimo, misterioso e incredibilmente bello!
Guardo con attenzione ed ammirazione dei dettagli stilistici di quell’opera formidabile... poi mi sveglio...

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