Sunday 25 November 2018

sogno del mago di 1500 anni


Stavo passeggiando e una persona stava al mio fianco, alla mia destra. Si trattava di una persona che non vedevo direttamente ma era più anziana di me ed era una persona familiare e di una certa inconsica autorevolezza, come se avesse forse un grande livello spirituale o mistico.
Stavamo uscendo, forse, all’aperto passando per una struttura di cemento armato grigio (forse un po’ umida e scura) e ormai eravamo quasi al cielo aperto e questo compagno di passeggiata mi dice qualcosa del tipo: “...ma ti ricordi 1500 anni fa?” ...e qualcos’altro... oppure forse “questa situazione mi ricorda qualcosa di 1500 anni fa...” ....insomma, dimostrava con questa frase inaspettata che lui aveva almeno 1500 anni! (e forse... in qualche modo anche io? Non ne sono certo). E io resto molto sorpreso, molto colpito dalle sue parole.

Come se mi riprendessi ora da un pensiero molto profondo che mi ha distratto per qualche secondo, adesso il venerando compagno sta seduto sopra un piccolo edificio e io, in un certo senso, mi prendo cura di lui, preoccupandomi e stando attendo che non cada. Il luogo dove era seduto era molto simile (o risuonava dentro di me come) la casetta di “casa vecchia” a monastier, dove sopra c’erano le cisterne di benzina e il vecchio saggio era seduto sopra la corta tettoia di cemento che stava sopra la porta d’accesso della casetta. In realtà io non vedevo nulla di tutto ciò, visto che ero a terra, sotto al vecchio, con la mia testa che arrivava al massimo alle sue ginocchia e vedevo solo lui sopra di me (e un piccolissimo pezzettino di tetto di cemento): la sua sagoma scura, forse a causa dell’ombra, era simile a quella di una specie di Gandhi e cioè un vecchio magro, calvo, seminudo, forse rivestito proprio di una tunica, un po’ curvo su se stesso, probabilmente e con le gambe accavallate; tranquillo e impassibile, sereno e silenzioso, guardava verso l’orizzonte davanti a lui con infinita serenità e come se nulla del mondo potesse interessarlo.
Il suo aspetto era spiritualmente incredibilmente forte e finiscamente incredibilmente fragile e io lo vedevo da sotto e anche se lui era assolutamente sereno e immobile e ben seduto, stabilmente, tranquillo, tuttavia io allungavo le mie braccia in alto da una parte e dall’altra come per evitare che cadesse, come per proteggerlo e per assicurarmi che fosse al sicuro (un po’ come la posizione dei discepoli del papa nella carta dei tarocchi V. Questa associazione di immagini mi sembra assai profonda in me e forse è a causa di questo che si genera questa situazione nel sogno...).

In questa posizione di protezione e di attenzione estrema verso di lui, ad un certo punto, mi giro indietro, solo con la testa, per vedere qualcosa, per controllare qualcosa (forse ho sentito un rumore, credo ci sia qualcuno, oppure cerco qualcosa per mantenere stabilmente al sicuro il vecchio saggio...). Fatto sta che, dopo questa brevissima esitazione nella quale distolgo lo sguardo per pochi secondi dal saggio, torno a guardare verso di lui e scopro che è sparito! È sparito “tra le mie mani”! Resto incredibilmente esterefatto e stupito! Magia!

Sento chiaramente che il vecchio saggio era realmente magico e aveva davvero almeno 1500 anni... e in qualche modo era molto connesso a qualcosa di me...

Mistero.


Altro momento del sogno, oppure altro sogno nella notte, qualche tempo dopo...

Adesso stiamo camminando io, Pippo e un’altra persona.
Questa persona non è chiara, non è identificabile (non solo perché cammina davanti a me, ma anche perché ha i contorni sfumati o forse perché non la guardo in faccia) ed è per qualche ragione però, la figura centrale di questa parte del sogno. Lo sento.
Questa persona è qualche passo davanti a me e io seguo a breve distanza, Pippo invece sta dietro un po’ più distaccato.
Il passo lo dà questa persona (comunque un uomo, anche se indistinguibile). Il ritmo del suo incedere è veloce, un po’ troppo, come un po’ pressato dal tempo. Va di fretta. E noi due dobbiamo stargli dietro, ma lui va e non si volta e noi andiamo, ma non è il nostro ritomo normale.
La sensazione di fondo è tipo quella di essere appena atterrati in un qualche paese africano, che non era specificamente la Tanzania, l’Angola o il Mozambico, ma che era un paese che Pippo conosceva molto bene, anzi forse ci abitava,  e che io trovavo familiare perché c’ero già stato e per me era in un certo senso un luogo normale dove tornavo, mentre per il personaggio misterioso era un paese totalmente nuovo, un’esperienza assolutamente inedita.
Stavamo camminando per una strada o una passerella in mezzo a un prato o a una terra piena di canneti ed erbe alte che si perdeva a destra e a sinistra verso l’orizzonte (ma la sensazione non era necessariamente “vasta” e”ampia”: era quasi, forse, come attraversare un ponticello di legno sul letto verde di un fiumiciattolo al margine della città).
Davanti a noi, oltre al passaggio e al prato, si vedevano gli edifici della città: scuri condomini periferici di cemento armato che cominciavano di colpo a poca distanza dal verde.
L’atmosfera era crepuscolare, come in un tramonto coperto a tratti da nuvole scure di pioggia, ma con la luminosità della terra quando ha appena piovuto e riflette i raggi trasversali del sole giallo che si accinge a lasciare lo spazio alla notte.
Il percorso all’aperto era dritto e puntava dritto verso la città ed altre persona andavano e venivano attraverso questa stradina (era forse l’accesso all’aeroporto per la città?).
Per il personaggio misterioso era dunque il primo contatto con l’Africa. E nel suo incedere (forse per voglia di arrivare?) per la stradina, puntando verso la città, considero il fatto che questa persona è un po’ schiava dei suoi pregiudizi occidentali e delle versioni stereotipate e superficiali che dell’Africa.  Le sue intenzioni sono assolutamente buone e lui è aperto e curioso e empatico anche: pensa o commenta ad un certo punto qualcosa sui terroristi e sul fatto che chi ci soffre è questa povera gente... ma non c’è né tensione da terrorismo, né caos, né povertà davanti ai nostri occhi e penso che con questo viaggio dovrà prima o poi capire che la realtà è ben diversa da quella che si immagina attraverso gli stereotipi europei...

Arriviamo a un certo punto a una strada più trafficata che è già in città. Giriamo verso destra e scendiamo attraverso due grandi palazzoni simmetrici. Sono davvero delle strutture gigantesche, dei condomini molto grandi e ampi stile periferia urbana (non particolarmente belli o nuovi, ma niente di strano: tipica periferia urbana di qualsiasi grande città del pianeta). La strada, anche se ampia, sembra stretta sotto a questi due giganti di cemento armato che presentano una sequenza troppo fitta di piccole terrazzine di cemento ripetute infinitamente da una parte e dall’altra della via.
La strada passa anche sotto a un piccolo cavalcavia che sta in mezzo ai condomini (e in un certo senso non vedo né gente né macchine per strada, ma non sento una sensazione di luogo disabitato, anzi so che ci sono sia persone che macchine.
L’edifico a destra era in qualche modo, forse, l’edificio dove Pippo aveva casa, in qualche posto in alto, qualche piano più su.

Data la visione totalmente urbana, e comunque molto artificiale e “globale” nella sua normalità di perfieria di una città grande, pensavo che questo famoso personaggio davanti a me avrebbe già cominciato a rifarsi una idea sull’Africa come luogo dove tutto è diverso, selvaggio, povero, esotico, etc...

Ad un certo punto mi volto perché noto che Pippo è rimasto indietro e non si vede più. Ci fermiamo ad aspettarlo e guardando in fondo alla strada (sotto il cavalcavia che avevamo già oltrepassato) tra gli africani che passeggiano normalmente sul marciapiede ad un certo punto appare Pippo che si affretta a raggiungerci. Alza le mani come per dirci di aspettarlo. Sembra indicare che c’è qualcosa di importante che deve comunicarci. Viene correndo. Sorridendo anche. Facendo slalom tra la gente.
Arriva finalmente e parlando con me dice che era appena stato a casa di mia nonna (o qualcosa del genere) dove c’erano degli antenati o comunque qualche personaggio che aveva a che vedere con dei “passaggi generazionali” (principalmente tre personaggi e tre passaggi generazionali, ma non era definito chiaramente e potevano essere anche molti o infiniti... gli ultimi 3 però erano i più importanti).
Pippo raccontava che il terzultimo di questi personaggi era “sparito”... e nel sogno, anche se non c’era né dubbio né sorpresa, si trattava di uno sparire legato a un “andarsene da questo mondo”, un morire (ma senza dramma), un elevarsi nei cieli (ma senza misicismo o religiosità)... era uno sparire naturale: il normale momento in cui il tempo finisce e si deve lasciare il mondo agli altri.
Poi anche il penultimo, che era mia nonna, se n’era andata, era sparita anche lei.
E alla fine, diceva, anche l’ultimo personaggio (che implicitamente tutti sapevamo essere un mago, uno stragone dai poteri indescvibili, una persona infinitamente elevata e magica), anche lui era alla fine sparito, come tutti gli altri.

Rimavamo molto stupiti da questa affermazione! L’ultimo mago era sparito... alla fine si era interrotta la lunga catena di vite che veniva da molto lontano...
C’era la sensazione di qualcosa di “generazionale” in tutto questo...
Ma il racconto di Pippo non finiva qui e disse, rivolgendosi a me: “però! Prima di sparire l’ultimo stregone, siccome tu lo hai visto per ultimo (o gli hai parlato per ultimo, o lo hai toccato, o lo hai visitato, o conosciuto...), lui ha scelto che tu sarai il suo successore e che erediterai tutti i suoi incredibili poteri! La sua magica forza!”

Ne rimanevo molto stupito... pensavo che magari ci potesse essere stato un errore... non aveva molto senso passare quei poteri a me. Forse non lo meritavo. Non ero così bravo come lui...
Riflettevo su questa cosa, quasi cercando una ragione che spiegasse dove stava l’errore, e camminando arrivavamo (io e il personaggio misterioso? Che adesso però camminava piano e al mio fianco e mi sembrava calmo e saggio) a una specie di binario di una stazione dei treni di cemento scuro e umido e alla fine arrivavo alla conclusione che....
Sì: perché no?
Se lo stregone mi aveva scelto un motivo ci sarà stato e che, anche se non avevo idea di come usare quella forza e quella magia per me totalmente e sporporzionatamente perfetta, accettavo quell’eredità con entusiasmo e fiducia. Lui mi aveva affidato i suoi poteri spirituali e magici e io lo ringraziavo per questo nuovo influsso di capacità incredibili delle quali ero stato investito.
Ero l’erede del grande stregone!



(lo stregone di più di 1500 anni fa?...)





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