Stavo passeggiando e una persona stava al
mio fianco, alla mia destra. Si trattava di una persona che non vedevo
direttamente ma era più anziana di me ed era una persona familiare e di una
certa inconsica autorevolezza, come se avesse forse un grande livello
spirituale o mistico.
Stavamo uscendo, forse, all’aperto
passando per una struttura di cemento armato grigio (forse un po’ umida e
scura) e ormai eravamo quasi al cielo aperto e questo compagno di passeggiata
mi dice qualcosa del tipo: “...ma ti ricordi 1500 anni fa?” ...e
qualcos’altro... oppure forse “questa situazione mi ricorda qualcosa di 1500
anni fa...” ....insomma, dimostrava con questa frase inaspettata che lui aveva
almeno 1500 anni! (e forse... in qualche modo anche io? Non ne sono certo). E
io resto molto sorpreso, molto colpito dalle sue parole.
Come se mi riprendessi ora da un pensiero
molto profondo che mi ha distratto per qualche secondo, adesso il venerando
compagno sta seduto sopra un piccolo edificio e io, in un certo senso, mi
prendo cura di lui, preoccupandomi e stando attendo che non cada. Il luogo dove
era seduto era molto simile (o risuonava dentro di me come) la casetta di “casa
vecchia” a monastier, dove sopra c’erano le cisterne di benzina e il vecchio
saggio era seduto sopra la corta tettoia di cemento che stava sopra la porta
d’accesso della casetta. In realtà io non vedevo nulla di tutto ciò, visto che
ero a terra, sotto al vecchio, con la mia testa che arrivava al massimo alle
sue ginocchia e vedevo solo lui sopra di me (e un piccolissimo pezzettino di
tetto di cemento): la sua sagoma scura, forse a causa dell’ombra, era simile a
quella di una specie di Gandhi e cioè un vecchio magro, calvo, seminudo, forse
rivestito proprio di una tunica, un po’ curvo su se stesso, probabilmente e con
le gambe accavallate; tranquillo e impassibile, sereno e silenzioso, guardava
verso l’orizzonte davanti a lui con infinita serenità e come se nulla del mondo
potesse interessarlo.
Il suo aspetto era spiritualmente
incredibilmente forte e finiscamente incredibilmente fragile e io lo vedevo da
sotto e anche se lui era assolutamente sereno e immobile e ben seduto,
stabilmente, tranquillo, tuttavia io allungavo le mie braccia in alto da una
parte e dall’altra come per evitare che cadesse, come per proteggerlo e per
assicurarmi che fosse al sicuro (un po’ come la posizione dei discepoli del
papa nella carta dei tarocchi V. Questa associazione di immagini mi sembra
assai profonda in me e forse è a causa di questo che si genera questa
situazione nel sogno...).
In questa posizione di protezione e di
attenzione estrema verso di lui, ad un certo punto, mi giro indietro, solo con
la testa, per vedere qualcosa, per controllare qualcosa (forse ho sentito un
rumore, credo ci sia qualcuno, oppure cerco qualcosa per mantenere stabilmente
al sicuro il vecchio saggio...). Fatto sta che, dopo questa brevissima
esitazione nella quale distolgo lo sguardo per pochi secondi dal saggio, torno
a guardare verso di lui e scopro che è sparito! È sparito “tra le mie mani”!
Resto incredibilmente esterefatto e stupito! Magia!
Sento chiaramente che il vecchio saggio
era realmente magico e aveva davvero almeno 1500 anni... e in qualche modo era
molto connesso a qualcosa di me...
Mistero.
Altro momento del sogno, oppure altro
sogno nella notte, qualche tempo dopo...
Adesso stiamo camminando io, Pippo e
un’altra persona.
Questa persona non è chiara, non è
identificabile (non solo perché cammina davanti a me, ma anche perché ha i
contorni sfumati o forse perché non la guardo in faccia) ed è per qualche
ragione però, la figura centrale di questa parte del sogno. Lo sento.
Questa persona è qualche passo davanti a
me e io seguo a breve distanza, Pippo invece sta dietro un po’ più distaccato.
Il passo lo dà questa persona (comunque un
uomo, anche se indistinguibile). Il ritmo del suo incedere è veloce, un po’
troppo, come un po’ pressato dal tempo. Va di fretta. E noi due dobbiamo
stargli dietro, ma lui va e non si volta e noi andiamo, ma non è il nostro
ritomo normale.
La sensazione di fondo è tipo quella di
essere appena atterrati in un qualche paese africano, che non era
specificamente la Tanzania, l’Angola o il Mozambico, ma che era un paese che
Pippo conosceva molto bene, anzi forse ci abitava, e che io trovavo familiare perché c’ero già
stato e per me era in un certo senso un luogo normale dove tornavo, mentre per
il personaggio misterioso era un paese totalmente nuovo, un’esperienza
assolutamente inedita.
Stavamo camminando per una strada o una
passerella in mezzo a un prato o a una terra piena di canneti ed erbe alte che
si perdeva a destra e a sinistra verso l’orizzonte (ma la sensazione non era
necessariamente “vasta” e”ampia”: era quasi, forse, come attraversare un
ponticello di legno sul letto verde di un fiumiciattolo al margine della
città).
Davanti a noi, oltre al passaggio e al
prato, si vedevano gli edifici della città: scuri condomini periferici di
cemento armato che cominciavano di colpo a poca distanza dal verde.
L’atmosfera era crepuscolare, come in un
tramonto coperto a tratti da nuvole scure di pioggia, ma con la luminosità
della terra quando ha appena piovuto e riflette i raggi trasversali del sole
giallo che si accinge a lasciare lo spazio alla notte.
Il percorso all’aperto era dritto e
puntava dritto verso la città ed altre persona andavano e venivano attraverso
questa stradina (era forse l’accesso all’aeroporto per la città?).
Per il personaggio misterioso era dunque
il primo contatto con l’Africa. E nel suo incedere (forse per voglia di
arrivare?) per la stradina, puntando verso la città, considero il fatto che
questa persona è un po’ schiava dei suoi pregiudizi occidentali e delle
versioni stereotipate e superficiali che dell’Africa. Le sue intenzioni sono assolutamente buone e
lui è aperto e curioso e empatico anche: pensa o commenta ad un certo punto
qualcosa sui terroristi e sul fatto che chi ci soffre è questa povera gente...
ma non c’è né tensione da terrorismo, né caos, né povertà davanti ai nostri
occhi e penso che con questo viaggio dovrà prima o poi capire che la realtà è
ben diversa da quella che si immagina attraverso gli stereotipi europei...
Arriviamo a un certo punto a una strada
più trafficata che è già in città. Giriamo verso destra e scendiamo attraverso
due grandi palazzoni simmetrici. Sono davvero delle strutture gigantesche, dei
condomini molto grandi e ampi stile periferia urbana (non particolarmente belli
o nuovi, ma niente di strano: tipica periferia urbana di qualsiasi grande città
del pianeta). La strada, anche se ampia, sembra stretta sotto a questi due
giganti di cemento armato che presentano una sequenza troppo fitta di piccole
terrazzine di cemento ripetute infinitamente da una parte e dall’altra della
via.
La strada passa anche sotto a un piccolo
cavalcavia che sta in mezzo ai condomini (e in un certo senso non vedo né gente
né macchine per strada, ma non sento una sensazione di luogo disabitato, anzi
so che ci sono sia persone che macchine.
L’edifico a destra era in qualche modo,
forse, l’edificio dove Pippo aveva casa, in qualche posto in alto, qualche
piano più su.
Data la visione totalmente urbana, e comunque
molto artificiale e “globale” nella sua normalità di perfieria di una città
grande, pensavo che questo famoso personaggio davanti a me avrebbe già
cominciato a rifarsi una idea sull’Africa come luogo dove tutto è diverso,
selvaggio, povero, esotico, etc...
Ad un certo punto mi volto perché noto che
Pippo è rimasto indietro e non si vede più. Ci fermiamo ad aspettarlo e
guardando in fondo alla strada (sotto il cavalcavia che avevamo già
oltrepassato) tra gli africani che passeggiano normalmente sul marciapiede ad
un certo punto appare Pippo che si affretta a raggiungerci. Alza le mani come
per dirci di aspettarlo. Sembra indicare che c’è qualcosa di importante che
deve comunicarci. Viene correndo. Sorridendo anche. Facendo slalom tra la
gente.
Arriva finalmente e parlando con me dice
che era appena stato a casa di mia nonna (o qualcosa del genere) dove c’erano
degli antenati o comunque qualche personaggio che aveva a che vedere con dei
“passaggi generazionali” (principalmente tre personaggi e tre passaggi
generazionali, ma non era definito chiaramente e potevano essere anche molti o
infiniti... gli ultimi 3 però erano i più importanti).
Pippo raccontava che il terzultimo di
questi personaggi era “sparito”... e nel sogno, anche se non c’era né dubbio né
sorpresa, si trattava di uno sparire legato a un “andarsene da questo mondo”,
un morire (ma senza dramma), un elevarsi nei cieli (ma senza misicismo o
religiosità)... era uno sparire naturale: il normale momento in cui il tempo
finisce e si deve lasciare il mondo agli altri.
Poi anche il penultimo, che era mia nonna,
se n’era andata, era sparita anche lei.
E alla fine, diceva, anche l’ultimo
personaggio (che implicitamente tutti sapevamo essere un mago, uno stragone dai
poteri indescvibili, una persona infinitamente elevata e magica), anche lui era
alla fine sparito, come tutti gli altri.
Rimavamo molto stupiti da questa
affermazione! L’ultimo mago era sparito... alla fine si era interrotta la lunga
catena di vite che veniva da molto lontano...
C’era la sensazione di qualcosa di
“generazionale” in tutto questo...
Ma il racconto di Pippo non finiva qui e
disse, rivolgendosi a me: “però! Prima di sparire l’ultimo stregone, siccome tu
lo hai visto per ultimo (o gli hai parlato per ultimo, o lo hai toccato, o lo
hai visitato, o conosciuto...), lui ha scelto che tu sarai il suo successore e
che erediterai tutti i suoi incredibili poteri! La sua magica forza!”
Ne rimanevo molto stupito... pensavo che
magari ci potesse essere stato un errore... non aveva molto senso passare quei
poteri a me. Forse non lo meritavo. Non ero così bravo come lui...
Riflettevo su questa cosa, quasi cercando
una ragione che spiegasse dove stava l’errore, e camminando arrivavamo (io e il
personaggio misterioso? Che adesso però camminava piano e al mio fianco e mi
sembrava calmo e saggio) a una specie di binario di una stazione dei treni di
cemento scuro e umido e alla fine arrivavo alla conclusione che....
Sì: perché no?
Se lo stregone mi aveva scelto un motivo
ci sarà stato e che, anche se non avevo idea di come usare quella forza e
quella magia per me totalmente e sporporzionatamente perfetta, accettavo
quell’eredità con entusiasmo e fiducia. Lui mi aveva affidato i suoi poteri
spirituali e magici e io lo ringraziavo per questo nuovo influsso di capacità
incredibili delle quali ero stato investito.
Ero l’erede del grande stregone!
(lo stregone di più di 1500 anni fa?...)
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