Sogno di ieri:
Ricordo la storia, ma non più certe
immagini... ad ogni modo ciò che era
successo prima è che una madre aveva perso il figlio (di tipo 8 anni, su per
giù), oppure qualcuno lo aveva preso, o rapito, e adesso lei lo stava cercando.
Non lo stava però cercando da sola: c’era
tutta un’organizzazione attorno, una società di persone... era aiutata anche
dalla polizia: tutti erano mobilitati insieme a lei in questa ricerca.
Ad un certo punto (e questa è la prima immagine
che ricordo) la madre si trova dentro a un elicottero della polizia con il
quale pattuglia certi posti della città alla ricerca del figlio. Levitando, più
che volando davvero, l’elicottero si sofferma in un grande patio interno di un
edificio dai muri beige. Ci sono vestiti stesi ad asciugare nelle terrazzine
interne con le lavatrici e qualche altro elemento tipico di posti del genere.
Tutte le porte sono chiuse, non si vede
nessuno, anche se è giorno.
La madre sta decidendo i movimenti dell’elicottero,
implicitamente, e levitando silenziosamente si sofferma un poco a mezz'aria
davanti a un appartamento simile agli altri, a un’altezza intermedia della
palazzina.
Non succede niente e così la triste madre per
non perdere tempo prezioso nella sua ricerca decide di volgere lo sguardo a destra,
in alto, e di proseguire la sua perlustrazione della città per trovare il
figlio perduto...
L’elicottero, guidato da piloti con casco
e occhialoni inizia a virare ed è in quel momento che si sente una voce fuori
campo, ma profondamente onnipresente (divina, quasi, nel senso della sua
diffusione a tutti i livelli, anche se estremamente normale, visto che tutti la
ascoltano semplicemente, senza sorprendersi di nulla, come se fosse un
interlocutore qualunque).
La voce blocca il movimento della madre (cioè
dell’elicottero) che si stava allontanando e dice: “dove vai madre? Perché te ne vuoi andare? Perché ti allontani?”
La madre rimane interdetta, onestamente
sorpresa della domanda... anche se non parla è evidente che risponde qualcosa
del tipo “sto andando a cercare mio
figlio da un’altra parte, qui non c’è”.
Ma la voce fuori campo la incalza e le
chiede, insistente: “perché te ne vai così presto?”
La madre non capisce, e si sente a disagio
da quelle domande inquisitorie.
“ti
vuoi già allontanare? ma perché sei venuta proprio qua, in questo luogo?”
La madre è agitata... ed è come se volesse
dire: “io non lo so, sto cercando mio
figlio... perché mi fai così tante domande? Cosa vuoi?”
Ma la voce misteriosa (che è l’unica voce
che si sente davvero... ed è ovunque...) le chiede ancora, quasi insinuando
qualcosa: “perché ti sei soffermata proprio
davanti a questo appartamento? Tu sai che non è la prima volta che vieni a cercare
davanti a questo appartamento... no?”
La madre adesso è molto agitata, molto
nervosa.
Forse non manca molto perché scoppi in
pianto...
La voce invisibile a questo punto afferma:
“tu vieni sempre qua davanti a questo
appartamento, ma poi, dopo un po’, te ne vai a cercare tuo figlio da un’altra
parte... ma tu invece lo sai che tuo figlio sta proprio qui dentro, dentro a
questo appartamento! e quando vieni fino a qua poi hai paura di affrontarlo,
perché in realtà nessuno lo ha rapito, ma è lui che se n’è andato! Se n’è
andato perché non lo stavi trattando bene: non gli davi importanza, non stavi
con lui, lo facevi soffrire a causa dei tuoi egoismi. Se ti ha abbandonato è a
causa tua! Questa è la verità! Ed è per questo che tu non hai il coraggio di
trovarlo questo bambino che ti aspetta qua, qua, dentro l’appartamento”.
L’immagine del bimbo appare, adesso, in
modo etereo, fuori da ogni contesto specifico: è un ragazzo (o ragazzina?)
magro, stile africano ma dalla pelle piuttosto mulatta e con un’acconciatura molto
particolare, come una mezzaluna, che scende sulla sinistra: mai vista prima, ma
che mi ricorda, nel sogno, qualcosa di africano.
Il ragazzino è comparso: la sua postura è
retta e neutra, come una statua egizia: appare, immobile, fermo guarda avanti,
dritto negli occhi. È serio. Neutro. È una specie di visione che dura poco e
poi sfuma.
La madre è scossa. Ha scoperto di colpo
che era comodo per lei essere “la brava mamma che piamente cercava il proprio
figlio” visto che era al centro dell’attenzione di tutti ed era immacolata agli
occhi di tutti (socialmente) mentre si dedicava alla ricerca del suo amato
figlio: povera, martire, da tutti ammirata e compassionevolmente sostenuta dall'empatia
collettiva...
Ma in realtà lei aveva una grande
responsabilità sul fatto che il figlio non ci fosse più! ed era più facile dare
la colpa ad altri che a se stessa.
Ed era invece troppo difficile quindi
affrontare il figlio che avrebbe avuto molto a che ridire su di lei e non su
altri. Incontrarlo finalmente le avrebbe quindi fatto perdere la posizione di
vittima immacolata... sarebbe invece diventata la responsabile imperfetta di
tutto questo dramma... ed era per questo che lei non era pronta e fingeva di
non sapere dove fosse il figlio...
si auto-ingannava, nascosta dietro al
protagonismo di questa ricerca altruistica e creava tutto un dramma collettivo,
ma lo faceva solo per proteggersi, egoisticamente, e aveva in realtà una gran
paura di trovare il figlio...
Aveva paura di affrontare le proprie
responsabilità.
Ma il figlio era là.
E lei lo sapeva.
Lui ancora stava aspettando la madre. Che lo
trovasse. Che lo prendesse con lei. Che lo coccolasse. Che gli volesse bene...
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