Wednesday, 21 November 2018

sogno della madre in elicottero


Sogno di ieri:
Ricordo la storia, ma non più certe immagini...  ad ogni modo ciò che era successo prima è che una madre aveva perso il figlio (di tipo 8 anni, su per giù), oppure qualcuno lo aveva preso, o rapito, e adesso lei lo stava cercando.
Non lo stava però cercando da sola: c’era tutta un’organizzazione attorno, una società di persone... era aiutata anche dalla polizia: tutti erano mobilitati insieme a lei in questa ricerca.
Ad un certo punto (e questa è la prima immagine che ricordo) la madre si trova dentro a un elicottero della polizia con il quale pattuglia certi posti della città alla ricerca del figlio. Levitando, più che volando davvero, l’elicottero si sofferma in un grande patio interno di un edificio dai muri beige. Ci sono vestiti stesi ad asciugare nelle terrazzine interne con le lavatrici e qualche altro elemento tipico di posti del genere.
Tutte le porte sono chiuse, non si vede nessuno, anche se è giorno.

La madre sta decidendo i movimenti dell’elicottero, implicitamente, e levitando silenziosamente si sofferma un poco a mezz'aria davanti a un appartamento simile agli altri, a un’altezza intermedia della palazzina.
Non succede niente e così la triste madre per non perdere tempo prezioso nella sua ricerca decide di volgere lo sguardo a destra, in alto, e di proseguire la sua perlustrazione della città per trovare il figlio perduto...
L’elicottero, guidato da piloti con casco e occhialoni inizia a virare ed è in quel momento che si sente una voce fuori campo, ma profondamente onnipresente (divina, quasi, nel senso della sua diffusione a tutti i livelli, anche se estremamente normale, visto che tutti la ascoltano semplicemente, senza sorprendersi di nulla, come se fosse un interlocutore qualunque).
La voce blocca il movimento della madre (cioè dell’elicottero) che si stava allontanando e dice: “dove vai madre? Perché te ne vuoi andare? Perché ti allontani?”
La madre rimane interdetta, onestamente sorpresa della domanda... anche se non parla è evidente che risponde qualcosa del tipo “sto andando a cercare mio figlio da un’altra parte, qui non c’è”.
Ma la voce fuori campo la incalza e le chiede, insistente:  “perché te ne vai così presto?”
La madre non capisce, e si sente a disagio da quelle domande inquisitorie.
“ti vuoi già allontanare? ma perché sei venuta proprio qua, in questo luogo?”
La madre è agitata... ed è come se volesse dire: “io non lo so, sto cercando mio figlio... perché mi fai così tante domande? Cosa vuoi?”
Ma la voce misteriosa (che è l’unica voce che si sente davvero... ed è ovunque...) le chiede ancora, quasi insinuando qualcosa: “perché ti sei soffermata proprio davanti a questo appartamento? Tu sai che non è la prima volta che vieni a cercare davanti a questo appartamento... no?”
La madre adesso è molto agitata, molto nervosa.
Forse non manca molto perché scoppi in pianto...
La voce invisibile a questo punto afferma: “tu vieni sempre qua davanti a questo appartamento, ma poi, dopo un po’, te ne vai a cercare tuo figlio da un’altra parte... ma tu invece lo sai che tuo figlio sta proprio qui dentro, dentro a questo appartamento! e quando vieni fino a qua poi hai paura di affrontarlo, perché in realtà nessuno lo ha rapito, ma è lui che se n’è andato! Se n’è andato perché non lo stavi trattando bene: non gli davi importanza, non stavi con lui, lo facevi soffrire a causa dei tuoi egoismi. Se ti ha abbandonato è a causa tua! Questa è la verità! Ed è per questo che tu non hai il coraggio di trovarlo questo bambino che ti aspetta qua, qua, dentro l’appartamento”.
L’immagine del bimbo appare, adesso, in modo etereo, fuori da ogni contesto specifico: è un ragazzo (o ragazzina?) magro, stile africano ma dalla pelle piuttosto mulatta e con un’acconciatura molto particolare, come una mezzaluna, che scende sulla sinistra: mai vista prima, ma che mi ricorda, nel sogno, qualcosa di africano.
Il ragazzino è comparso: la sua postura è retta e neutra, come una statua egizia: appare, immobile, fermo guarda avanti, dritto negli occhi. È serio. Neutro. È una specie di visione che dura poco e poi sfuma.
La madre è scossa. Ha scoperto di colpo che era comodo per lei essere “la brava mamma che piamente cercava il proprio figlio” visto che era al centro dell’attenzione di tutti ed era immacolata agli occhi di tutti (socialmente) mentre si dedicava alla ricerca del suo amato figlio: povera, martire, da tutti ammirata e compassionevolmente sostenuta dall'empatia collettiva...
Ma in realtà lei aveva una grande responsabilità sul fatto che il figlio non ci fosse più! ed era più facile dare la colpa ad altri che a se stessa.
Ed era invece troppo difficile quindi affrontare il figlio che avrebbe avuto molto a che ridire su di lei e non su altri. Incontrarlo finalmente le avrebbe quindi fatto perdere la posizione di vittima immacolata... sarebbe invece diventata la responsabile imperfetta di tutto questo dramma... ed era per questo che lei non era pronta e fingeva di non sapere dove fosse il figlio...
si auto-ingannava, nascosta dietro al protagonismo di questa ricerca altruistica e creava tutto un dramma collettivo, ma lo faceva solo per proteggersi, egoisticamente, e aveva in realtà una gran paura di trovare il figlio...

Aveva paura di affrontare le proprie responsabilità.

Ma il figlio era là.
E lei lo sapeva.
Lui ancora stava aspettando la madre. Che lo trovasse. Che lo prendesse con lei. Che lo coccolasse. Che gli volesse bene...




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