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Tuesday, 27 July 2021

il Venetico nel Veneto

Questa è una teoria completamente senza nessuna base scientifica, ma la lascio nell'etere del blog per qualcuno che magari un giorno possa essere interessato ad approfondirla.

Può qualche residuo linguistico del Venetico essere ancora presente nel dialetto veneto? Sarebbe molto azzardato affermarlo, specialmente considerando la scarsità delle informazioni sull'antica lingua indoeuropea. Tanto per dare un'idea è ancora dibattuta la classificazione del Venetico, se si tratta di una lingua Italica oppure un ramo a sé stante (tralascio ovviamente la teoria un po' fantasmagorica dei Venetici come origine dei popoli Slavi conosciuta da chiunque abbia approfondito un po' questi argomenti).

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1) - C'è pochissima informazione sulla lingua Venetica, ma c'è un elemento che ha attirato la mia attenzione: la duplicazione del pronome personale come rafforzativo (probabilmente).

Si tratta di iscrizioni in cui appare la forma SselboiSselboi che è un dativo del pronome sé = "a se stesso".

Una osservazione sul dialetto veneto adesso: è ancora in uso oggigiorno la forma rafforzativa dei pronomi che prevede la loro duplicazione (quando associati all'aggettivo "solo"), del tipo "ło foo da mi-mi soł" (lo faccio da solo), "te resti ti-ti soł" (resti solo tu), "el magna łu-łu soł" (mangia da solo). 

Mi chiedo, considerando queste peculiarità, non sarà che questa duplicazione enfatica non derivi direttamente da una caratteristica della lingua venetica pre-latina originaria?

È sicuramente improbabile che parole venetiche sopravvivano alla latinizzazione di due millenni fa, ma le proprietà di uso delle parole e i modi di dire potrebbero resistere in modo trasversale al cambio della lingua. Inizialmente come errori locali dovuti a un'imperfetta traduzione da parte di genti che parlano lingue diverse o che sono bilingui e poi come caratteristica regionale del latino locale, evoluto infine nella parlata veneta e nel dialetto di oggigiorno.

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2) - In Venetico ci sono delle iscrizioni che riportano parole uguali ma, a volte, con certe differenze fonetiche. Non c'è niente di cui stupirsi è normale in un territorio dove non c'è una normalizzazione linguistica esatta e dove la codificazione standard di un alfabeto non risulta totalmente cristallizzata (visto poi che nessun alfabeto rappresenta alla perfezione tutti i suoni pronunciati).

Una di queste differenze però ha attirato la mia attenzione si tratta di una delle parole più ricorrenti nelle iscrizioni votive ed è la parola "donasto" forma verbale dal significato di "donò". Normalmente viene scritta con "D" iniziale ( mego donasto ssainatei reitiiai porai egeotoa aimoi ke louderobos ) mentre in certi casi isolati è trascritta con "Z" iniziale ( meXo zonasto eb vhabaitssa porai op iorobos ).

In sé non sarebbe niente di speciale, se non fosse per la particolarità moderna delle parlate del Veneto in cui molte parole sono espresse alternativamente con la "D", con la "DH", con la "X" veneta (esse dolce), o anche come "Z" in base alla zona. Parole come "mezzo" vengono pronunciate "medo", "medho", "mexo", "mezo", o termini come "giovedì" si pronunciano "dioba", "dhioba", "xioba" o "zioba". Nella maggior parte dei casi comunque, al di là della trascrizione, il suono che si rappresenta qui è un suono intermedio che si polarizza volte localmente o nella scrittura.

Mi chiedo se questo fonema arcaico e caratteristico della parlata veneta non possa magari essere un fossile fonetico di una pronuncia originaria venetica che, per incredibili coincidenze, si sia mantenuta nell'accento e pronuncia delle lingue adottate in seguito.

A mio parere infatti, questi tratti sottili delle lingue sono più resilienti e persistenti che le lingue stesse: se adesso, per esempio, iniziassimo tutti a parlare inglese come prima lingua, anche se grammaticalmente il nostro inglese potesse essere assolutamente perfetto, ci sarebbe un accento, una pronuncia leggera di certi fonemi e alcuni modi di dire tradotti che si manterrebbero inevitabilmente, come l'ombra della lingua abbandonata.

Un Indiano che parli solo inglese o un Nigeriano madre lingua inglese avranno comunque qualche tratto di pronuncia, accento, di fonemi e sintassi che si rispecchiano più nelle lingue originarie che nell'Inglese standard.

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3) - Continuiamo a parlare della parola venetica "donasto", che si può tradurre in latino con "donavait" e cioè "è stato donato". In questo caso saremmo di fronte a una forma verbale che il Latino ha perso e cioè dell'"aoristo". L'aoristo è una delle coniugazioni delle lingue indoeuropee e che, per esempio, rimane presente nel Greco e sparisce invece nel Latino. Il Venetico, anche se apparentemente presenta impressionanti vicinanze linguistiche con il Latino, si differenzia su questo uso molto più generalizzato dell'aoristo. 

Però, come fa notare Anna Marinetti, anche il Venetico sembra mostrare un processo di trasformazione nell'uso della forma dell'aoristo (simile al processo del proto-Latino), in cui si nota "la fusione di ex-aoristo ed ex-perfetto in una nuova categoria di preterito"

Qui mi lancio in un azzardo linguistico assurdo non supportato da nessuna conoscenza reale, ma mi chiedo: non sarà che una trasformazione del verbo aoristo (dello stile di "donasto") a una forma di preterito (che potrebbe, forse, avvicinarsi al latino "donatus (est)") non abbia potuto avvicinare la pronuncia di verbi molto simili (Venetico e Latino erano molto simili per vocabolario e fonetica) generando, magari, una sovrapposizione di forme verbali tipo "donaStus (est)"?

In questo caso certi participi passati del Latino parlato localmente nel Veneto potrebbero conservare la desinenza "-aStus" invece di "-atus". Non potrebbe questa essere l'origine di participi passati moderni del dialetto veneto nel quale, ad esempio, si dice: "volesto" per dire "voluto", "coresto" per "corso", "podesto" per "potuto", "movesto" invece di "mosso", "savesto" invece di "saputo".

Immagino che questo sia un'esagerazione linguistica (visto che poi la forma in "-esto" sembrerebbe essere solo per la seconda coniugazione dei verbi del dialetto veneto e non per tutte le coniugazioni), ma mi azzardo a lanciare questa possibilità, con la speranza che qualcuno che se ne intenda un giorno possa approfondire l'argomento senza pregiudizi e arrivi a una conclusione scientifica.


Friday, 16 July 2021

Expansion of Indo-European languages

The amazing expansion of the Indo-European languages throughout the world along 6000 years of history. 

Sunday, 20 September 2020

Sulla mappa della Pangea Politica

 

Una mappa serve per orientarsi o per disorientarsi?

Dipende.

Forse serve per vedere il mondo con occhi diversi e quindi per ri-orientarsi dentro a un mondo nuovo.

 

Ma qual è il nostro mondo?

Se pensiamo a una mappa del mondo, con ogni probabilità, staremo pensando a un tipo specifico di mappa, molto probabilmente a una proiezione di Mercatore.

Questa rappresentazione del mondo è solo una delle infinite maniere di vedere la nostra realtà. Ogni mappa è un filtro che deforma, semplifica, evidenzia, chiarifica, manipola e ridefinisce la realtà.

Ogni mappa ha un obiettivo, uno scopo, una logica che sta dietro alla semplicità del suo modo di rappresentare un oggetto che esiste: il pianeta terra.

Il fatto che normalmente pensiamo a una mappa del mondo immaginando una proiezione di Mercatore, implica una visione cristallizzata e rigida del mondo, una visione che non viene messa in discussione da almeno 500 anni circa.

In questa proiezione ci sono tutte le nostre strutture mentali colonialiste, eurocentriche e di categorie geopolitiche che separano (e gerarchizzano) il mondo in blocchi specifici, diversi per storia, cultura, economia, diritti, destini, religioni, filosofie...

È un modo molto semplificato di vedere il mondo che è contrastato ultimamente da tutta una serie di nuove mappe che rimettono in discussione questa struttura.

La questione della mappa come distorsione della realta e come vettore di concetti geopolitici impliciti non è nuova. L’idea di mappa come “arma” è da tempo un tema di dibattito e di studio, nonché di propaganda politica e ideologica.

 

Nel 2009 più o meno ho deciso di sviluppare alcune idee che trattavano vagamente questo tema. Si tratta di tutta una serie di “geografie alternative” che, fin da allora, continuo a creare con lo scopo di smontare la realtà così come la percepiamo per poi rappresentarla in modi sperimentali, controversi, irriverenti, divertenti o geniali, a volte.

La Pangea Politica è uno di questi esperimenti.

Da sempre le coste africane e sudamericane sull’Oceano Atlantico mi erano sembrate un invito alla fantasia. La loro forma, così perfettamente speculare, mi portava a chiedermi a che città africana corrisponderebbe Rio de Janeiro o Salvador, oppure a chiedermi con quanti stati confinerebbe il Brasile se stesse ancora toccando l’Africa.

Avendo vissuto da una parte e dall’altra di questo Oceano speculare, per me era quasi ovvio pormi questo tipo di domande.

Sono sempre stato affascinato dalle mappe non convenzionali e un filone di mappe che stuzzicavano da sempre la mia fantasia, erano le mappe che mostravano la forma della terra milioni di anni fa, quando la deriva dei continenti non aveva ancora separato tutte placche continentali attuali e tutte le terre ferme erano riunite in un solo megacontinente: la Pangea.

La Pangea Politica, nasce quindi nel 2009 da questa curiosità geografica: riportare la geografia attuale (e soprattutto la geografia politica, cioè quella che, di solito, ci permette di orientarci di più) ai tempi della Pangea, quando tutti i continenti erano uniti e vedere quali erano le corrispondenze dirette con un solo sguardo.

Ma da subito l’idea si dimostrò essere molto più potente.

Immediatamente mi resi conto dell’importanza di quel gesto geografico-alternativo che stavo montando: non si trattava soltanto di una “approssimazione geografica” si trattava invece di un vero e proprio “contatto” che mancava da milioni di anni e che la geografia convenzionale continuava involontariamente a riproporre costantemente e a riconfermare sempre di più.

Questo contatto evidenzia non solo le proporzioni delle dimensioni dei continenti e la corrispondenza delle terre che conosciamo in tempi così antichi da risultare inconcepibili, questo contatto risultava spesso essere un vero e proprio shock-geo-politico!

Riportando tutti i confini e le città principali della Terra sulla struttura dei continenti ai tempi della Pangea (circa 250 milioni di anni fa), si ottenevano scontri concettuali dirompenti: New York davanti al Sahara Occidentale, Casablanca davanti al Canada, l’India e l’Australia a fianco dell’Antartide, l’Europa unita all’Africa.

Era evidente che l’incontro dei continenti, era uno scontro di idee più profonde che stavano segretamente sotto a ogni cartina del mondo: l’idea dei paesi  più avanzati, separati dai paesi del terzo mondo. I blocchi culturali contrapposti che sembrano non voler toccarsi... Gli Stati Uniti con i paesi arabi, l’Europa con l’Africa.

Tutte le contrapposizioni geopolitiche saltano in aria! Le idee di una umanità separata vengono messe alla prova!

È questa l’idea di questa mappa: ricordare a tutti, provocatoriamente, che l’umanità è una sola e che ogni divisione è fittizia ed effimera.

Anche se in modo anacronistico e distopico, l’idea di una geografia politica di continenti uniti come lo erano originariamente, ci ricorda anche la nostra origine umana comune, nelle savane africane.

La Pangea Politica quindi è ovviamente una mappa giocosa e curiosa, ma è soprattutto una potente provocazione (basata su variegate questioni scientifiche) che dimostra l’assurdità dell’idea di umanità divisa e di confini invalicabili.

 

Dal punto di vista grafico poi, l’idea di unire i continenti, inizialmente ovvia e facile, si scontrò in breve tempo con tutta una serie di questioni grafico-teoriche: è vero che sappiamo con una certa sicurezza dove si trovava ogni territorio ai tempi della Pangea, ma è anche vero che molti di questi territori erano sommersi, altri avevano forma totalmente diversa, alcuni non esistevano e si sono generati per eruzioni vulcaniche o orogenesi, altreterre sono adesso fondi marini e un tempo erano invece vaste pienure...

Come rappresentare gli stati moderni in modo da essere riconoscibili in un pianeta terra così diverso? E come rappresentare tutti i paesi e tutte le regioni, anche quelle che in quel periodo non esistevano?

Per fortuna gran parte delle coste odierne sono simili alla propria placca continentale, questo significa che la maggior parte dei paesi possono essere uniti e collocati con facilità sulla mappa della Pangea. I casi speciali in cui certi stati dovrebbero sparire o essere deformati in modo irriconoscibile, sono stati invece adattati leggermente in modo da poter rendere facile e chiaro a tutti dove si trovava il pezzo di crosta terrestre che avrebbe poi dato origine ad ogni paese.

Alcune piccole licenze poetiche sono state create specialmente per i piccoli paesi dell’Oceania e altre isole vulcaniche.

 

La struttura generale rispetta l’idea scientifica della teoria della Pangea, ma l’obiettivo di questa mappa è soprattutto artistico e concettuale, per cui certi dettagli sono stati forzati per mantenere la forza del messaggio principale:

Il mondo è uno.

L’umanità è una.

 

 

Monday, 14 January 2019

nostalgia dei passati

la preistoria...
non solo quante culture dimenticate... quante mitologie... quante lingue perse per sempre...
ma anche quante gastronomie... quanti gusti....
quanti canti...
quante danze...
quanti accenti inimmaginabili...
quanti vestiti...
quanti riti...
quante acconciature...
quanti modi di salutarsi...
quanti profumi...
quante facce tipiche di una o dell'altra tribù ormai evoluti in altri tratti...
quanti tipi di occhi ormai spariti...
quanti colori di pelle dimenticati...
quanti ritmi persi per sempre...

l'umanità... così tante umanità...


Wednesday, 6 June 2018

paseo prehistórico

 un pequeño paseo prehistórico por un bosque de esquisetum gigantes





Thursday, 20 October 2016

Tirannosauro Chic

Recenti studi sui dinosauri (o relativamente recenti) sembrano rendere sempre più probabile la teoria che moltissimi dinosauri (che noi sempre immaginiamo come lucertoloni giganti) fossero rivestiti di un piumaggio simile a quello degli attuali uccelli, rendendoli molto più simili, visivamente, a questi ultimi piuttosto che ai rettili.
Sembra oltretutto che non ci sarebbe alcun motivo di denominare Dinosauri e Uccelli come una classe di animali differente (se non fosse per le dimensioni, le forme e le tempistiche diverse).

ma quindi... è ovvio voler immaginare i famosi e terribili dinosauri come grandi galline o pavoni che sfoggiano colorati piumaggi tropicali.
la possibilità di sbizzarrire la fantasia è infinita!

per esempio, un Tirannosauro Rex potrebbe essere così:


ma non solo....
potrebbe essere anche molto differente... e molto più... brutta!
ecco la mia proposta per l'Havaianusaurus Rex!

bello, no?
che ne dite??

Friday, 12 February 2016

New PANGAEA map

this is the new Political Pangaea map
the accuracy of the map is bigger than before and the projection now an equi-rectangular. it means that this conceptual work is quite constant in scientific terms.


the period of this conceptual Pangaea is between Triassic and Jurassic era, more or less 150 millions years ago.
here you can find the map in parts





if you want you can now assemble them!

(the 3D result inside this post: Pangea Globe)

Wednesday, 21 January 2015

world population in history

world human population  has been growing during all history in a sort of exponential way.
the general estimation for human growth in history can be found in wikipedia and other sources and it's commonly accepted as roughly real.

we know for example that in 2000 world population was about 6,000 millions people. and in the year 1 a.d. all humankind was between 250 and 300 millions of people.

that's the interesting part, because we can make a comparison between human history in other ages and the present population of some countries of the world new-a-day; 'cause in 2015 the population of Africa, Asia and Europe together sums 6,000 millions people (exactly as all the planet in the year 2000) and the population of Brazil now-a-day is the same of all human population in the year 1 a.d.

this can be an interesting perspective to understand how sparely inhabited could be our planet in different periods of history.

using some estimates from wikipedia I made this easy comparison:


shown in another way we can understand the same data through this graphics:


that's a quite interesting comparison, if you analyse it carefully: in the year 4000 before christ in all the surface of the planet there was only the population of hong kong presently!
it means that when the first kingdoms of Egypt were about to rise up in that region there couldn't be more people than in a part of a secondary district of Hong Kong now a day!
quite interesting, don't you think?
for sure they needed slaves from outside in order to build those huge massive pyramids all around! there weren't enough human beings in Egypt for such a big project!
there are very crazy things made up in honour of the gods during all history...

anyway here you have a geographical explanation of the same concept, year by year.
enjoy!
















Thursday, 27 March 2014

3 ventajas de la prehistoria

tres ventajas fundamentales de un prehistórico con respecto a nosotros hombres modernos:

1- no hay calendarios por eso no hay fecha de nacimiento, consecuentemente uno no sabe cuanto años tiene. eso quiere decir que uno es viejo cuando se siente viejo y no cuando cuenta los cumpleaños.

2- no hay espejos y por lo tanto nadie sabe cual es la apariencia de su propia cara. siendo eso normal e básicamente también una cuestión imposible de solucionar, uno deja de plantearse el problema de como está su cara, si es suficientemente atractivo o demasiado feo. simplemente uno es como es y punto.

3- incluso si apareciera por artilugio de magia un espejo o si se pudiera uno ver en la cara, no habría cánones estéticos tan generalizados como ahora por los cuales decir cuando uno es feo o bonito en general. así que eso junto al "punto 2" quita toda importancia a las preocupaciones estéticas que tanta gente hoy en día cuida y sufre.