Wednesday, 15 November 2023

victima de sí mismo

Senza ipocrisia
senza apologia
senza ideologia
con tutta la tristezza dell'ineluttabile
senza cinismo
senza scegliere tra buoni e cattivi
senza giustificare nessuno,
ma comunque con realismo:
siete vittime di voi stessi 


 Applicabile, se volete, anche ad Hamas.

Ricordando sempre l'ovvietà che Israele non significa gli Ebrei e Hamas non significa i Palestinesi.

Thursday, 2 November 2023

gira e missia

"Gira e missia" è un modo di dire veneto che in Italiano potrebbe essere tradotto come "in un modo o nell'altro" oppure "spesso", "frequentemente" o anche "in fin dei conti".

Per esempio: "gira e missia, son senpre drio veda el teefonin"

"Gira e missia" in Italiano si tradurrebbe letteralmente come "Gira e mescola" ed è un modo in qualche modo intuitivo di dire che, pur cambiando le condizioni, si finisce sempre per ricadere nella stessa situazione.

Ciò che trovo interessante di questo modo di dire (che sì è intuitivo in qualche modo, ma non poi così tanto), è che in Portoghese (o almeno in Portoghese brasiliano) questo modo di dire esiste ed è usatissimo.

"Vira e mexe" è la traduzione esatta di "Gira e missia" ed inoltre ha esattamente lo stesso significato.

Mi chiedo se questa espressione non sia un bagaglio che è venuto dall'emigrazione in massa dei Veneti in Brasile verso il 1800. Gran parte degli emigranti si sono poi naturalizzati Brasiliani, ma molti (come ad esempio i miei bisnonni Candido e Candida) sono poi tornati e forse portando a casa delle espressioni che originariamente erano proprie del Portoghese.

Chissà

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ups... mi sono appena ricordato che in Italiano si dice "gira e rigira"...

Monday, 23 October 2023

todo está bien


Para él que odia sus padres:

Son tus padres.

Para él que sufrió abusos:

En tu pasado te abusaron.

Para él que quiere ser iluminado:

Eres sólo uno más.

Para él que tiene rabia:

Tienes rabia.

Para él que sufrió de problemas mentales:

Eres normal.

Para él que llora alguien que murió:

Se murió.

Para él que tiene perversiones secretas:

Tienes estas fantasías.

Para la que compite en un mundo de hombres:

No olvides que eres mujer.

Para él que sueña un futuro mejor:

Lo siento, estás en el presente.

Para él que es homosexual:

También eres hombre.

Para él que está enfermo:

La enfermedad tiene razones para estar allí.

Para él que fue dejado:

Se fue.

Para él que odia a su pasado:

El pasado no cambia.

Para él que sufre ataques de ansiedad:

Tranquilo, estás en el presente.

Para la que abortó:

Sí, decidiste abortarlo.

Para él que se siente fracasado:

No eres peor que nadie.

Para él que tiene ganas de llorar:

Llora.

 

Sunday, 22 October 2023

Thursday, 19 October 2023

sulla guerra Israele-Hamas

So che vi sentite minacciati.

So che siete in guerra.

So che lottate soltanto per poter vivere tranquilli nella vostra terra.

E che molto tempo fa, un tempo ormai irraggiungibile, questa terra era solo vostra.

Ora invece vi trovate a convivere nella stessa terra con il nemico, un nemico che vi vuole morti, che vi minaccia, che vi attacca, che vi uccide a tradimento.

Il terrore della morte ogni giorno. Nemici carichi di armi appena fuori dai vostri confini, pronti ad attaccarvi costantemente.

So che vivete dentro a questo incubo da generazioni e non posso chiedervi di essere razionali, di dimenticare semplicemente tutto il sangue che è già stato versato fino a oggi.


Siete circondati dall'odio del vostro nemico, sempre pronto a distruggere la vostra vita e quella dei vostri cari, quando meno ve lo aspettate.

È impossibile, impensabile, inconcepibile, tollerare questa minaccia costante e non voler imbracciare un'arma (un'arma qualsiasi) per lanciarsi contro questo nemico e distruggerlo.

Ognuno ha il diritto di difendersi davanti a qualcuno che vuole ammazzarti.

Ognuno deve poter reagire a attacchi vigliacchi che seminano morte e terrore tra i civili e gli innocenti.


Capisco il vostro odio.

È la risposta all'odio che voi, e che i vostri antentati, avete sofferto così a lungo.

È un urlo disperato di libertà e di la giustizia, una richiesta straziante di poter finalmente vivere tranquilli senza la paura che il nemico vi attacchi ad ogni momento.

Il bisogno di potere vivere senza il terrore costante della morte, solo a causa della vostra religione, della vostra lingua, solo perché siete parte della vostra nazione.

Poter essere ammazzato per questo è un'ingiustizia troppo grande da vivere per così tanti decenni.


In fondo solo chiedete il diritto di vivere.

Di vivere in pace.


...


...e invece no. 

Perché voi non volete più vivere in pace.


Non potete più farlo.

Troppo sangue innocente è stato versato fino ad oggi.

Il vostro sogno non è più vivere in pace, il vostro sogno è sterminare il vostro nemico, vederlo soffrire, vederlo piangere disperato davanti alle tombe dei suoi figli, volete vederlo annientato, sparito, cancellato dalla storia.


Il vostro obiettivo non è la pace perché la pace non vi abita ormai più.

Siete ormai consumati dall'odio più profondo che come un cancro lega il vostro destino a quello del vostro nemico.

Ciò che volete è una solo terra ripulita dal vostro nemico dove solo esista la vostra lingua, la vostra religione e la vostra bandiera. 

questo è quello che volete davvero.


Questo significa: volete la guerra.

Volete solo guerra, sangue e morte. È questo che volete davvero.


Il nemico (che per voi ormai è tutto il popolo e non solo chi imbraccia un'arma) deve morire.

Solo così (forse) potrete trovare pace: vedendo cadere per sempre chi vi ha ferito così profondamente.


Va bene.

Avete i vostri motivi. Storici, ideologici, tecnici...

Allora, io non vi chiedo di smettere di difendervi.

No, io solo vi chiedo di guardarvi:

E di smettere di fingere di essere solo delle povere vittime.

Anche voi, come loro, siete solo delle bestie assetate di sangue, perché vivete notte e giorno con l'unico scopo di potervi vendicare.


Siete puro odio.


Si, certo, avete le vostre giustificazioni, avete una storia di ingiustizie alle spalle, ma ricordate che al di là delle ragioni, ognuno è comunque responsabile delle proprie azioni. 

E chi ammazza innocenti e civili non smette di essere un assassino, o un genocida, solo perché ha delle buone ragioni.

Chi ammazza ha ammazzato e tanto vittima non lo è più.

La vendetta toglie l'innocenza.

Può essere comprensibile, ma definitivamente chi sceglie di reagire perde la possibilità di continuare a sentirsi vittima.


Se potete essere almeno un po' onesti dentro di voi da vedere quanto odio riempie il vostro cuore appena vedete un nemico, quanta velenosa felicità provate ogni volta che vedete un nemico piangere o morire, se riconoscete che per voi il "nemico" è l'altro popolo intero, senza eccezioni, allora semplicemente accettate il fatto che siete degli assassini, dei razzisti, dei fanatici. 

E che avete perso ogni briciola di umanità.

Siete accecato dall'odio.

Siete assassini quanto il vostro nemico.


Gettate la maschera della vittima.

È ora.


È intollerabile vedere qualcuno che piange e fa la vittima mentra stermina il proprio nemico.


Vi ammazzate a vicenda solo per vedere chi è più vittima dell'altro.


Sappiate solo che siete uguali, totalmente uguali, lo stesso cancro d'odio per tutta l'umanità.

Così uguali che questo testo può essere letto immaginando che "voi" siete gli "Israeliani" o che "voi" siete i "Palestinesi" e sarebbe esattamente tutto uguale.

Chi è il "Nemico"? Israele? I Palestinesi? Rileggi pure tutto fino a qua e non fa assolutamente nessuna differenza.


Siete la stessa cosa: solo due assassini che fingono di essere povere vittime.


Non vi chiedo di non esserlo: siete umani.

Umani corrotti dall'odio e dal dolore.

Ma no: non siete innocenti.

Avete i vostri motivi, ma no: non siete innocenti.

Nessuno dei due.


Avete il mitra in mano e le mani sporche del di sangue innocente.

Tutti e due.


Siete la stessa cosa.

La stessa danza di morte che andate ballando con una perfetta sincronia, come una coppia affiatata, perfettamente allineata.

Chi è il buono? Chi è il cattivo?

Siete semplicemente entrambi uguali.


L'unica differenza non sta nella "bontà" o nella "cattiveria" ma in chi ammazza di più o di meno.

Non parlo delle intenzioni, perché entrambi vorreste soltanto massacrare l'interezza del popolo nemico, parlo dei numeri. Dei fatti.

Solo dei fatti.

Chi ammazza di più è responsabile di più morti.

E quindi non è certo il più virtuoso dei due.


.


Siete entrambi il seme del male del futuro che verrà.

Il vostro odio di acciaio mi stanca e sarà l'origine di ogni male.



Monday, 16 October 2023

Tuesday, 12 September 2023

Cumbre Virtual de Sueños


Cumbre virtual sobre Sueños. Oponentes de diferentes disciplinas del nivel de Marianne Costa o Paulo Flores. Eventos gratis y opciones premium. Si te gustan los sueños échale un vistazo!.
Es un evento grandioso para aprender a entender y utilizar a los sueños!


 Cofinanciada por Massimo Pietrobon, Constelaciones Familiares.

Friday, 1 September 2023

messaggio da un sogno-15

stanotte ho sognato che pensavo dentro di me questa frase (che sentivo come se fosse una rivelazione, o una sorprendente ispirazione):

Ai margini del cammino della conoscenza c'è solo oscurità



Monday, 28 August 2023

neologismo-133

Ristorante creato solo per attrarre turisti e per vendere il tipico menù che si aspetta qualsiasi turista in vacanza, ma con cibo di bassa qualità e a prezzi altissimi.

TURISTORANTE

esempio: "la settimana scorsa sono andato a Barcellona e ho mangiato paella e sangría in un turistorante sulla rambla. è stata proprio una bella fregatura..."


biblioteca del brutto

Sarebbe fantastico realizzare una biblioteca di libri orrendi. Intendo quei libri che sono incredibilmente appassionanti per essere totalmente orribili. Libri scritti con impegno da persone stravaganti e che concentrano in ogni frase un livello di assurdità esilarante (e non voluto).
Insomma una specie di biblioteca della demenza letteraria.
Sicuramente mi piacerebbe visitarla e passarci del tempo leggiucchiando qua e là pagine di un libro o dell'altro.

Alcuni libri suggeriti:
- Survival di Anthony Greenbank
- El Libro de Oro de la Alimentación di Adolf Perez Agusti
- Hercólubus di V. M. Rabolù


Friday, 11 August 2023

Thursday, 10 August 2023

Català o Castellà?

És sempre molt interessant veure com molts Catalans queden sorpresos quan ven les estadístiques de com els joves (cada any més que l'anterior) prefereixen expressar-se més en Castellà que en Català.

La raó és molt senzilla: els joves volen horitzons oberts e amplis, volen estar en comunicació amb tot el món i les llengües, teoricament, haurian de permitir exactament aixó.

Ara, a nivell polític fa molts anys que es juga la carta del Català en contraposició amb el Castellà i si realment la població de Catalunya creu que aquestes dues llengües estan en guerra, llavors jà s'ho sap: el Català perdrà. El Castellà guanyarà.

No importa que la gent gran o els més conservatius imposin el Català a l'escola i a tots els àmbits de la vida comù: el Català perdrà i la llengua de Catalunya acabarà sent el Castellà.

Per qué?

Primer, perqué una llengua imposta a la força crea resistència i rebuig. 

Això després de la experiència franquista els Catalans ho haurien de saber bé.

Recordem també que bona part dels Catalans és Castellano-parlant aixins que imposar de manera única el Català només crearà rebuig a la majoria (així com el Castellà imposat per Franco, així també el Català imposat a la força ara).

Pero, més enllà que tot això, seran les joves generacions a marcar la diferència i això perqué els joves volen comunicar-se amb el món sencer, trencar els límits, estar connectats amb tothom.

Si el Català serveix per a isolar-se, llavors no és allò que els joves triaran.

Si comprenem això entendrem també que una llengua com el Castellà que abre les portes a quasi 600 milions de persones en molts països i diversos continents no té terme de comparació amb el Català que obre les portes a uns 4 o 5 milions de persones només.

El Català és una llengua regional, provincial, local. 

No és un mal. I encara que ho parlin 4 milions de persones (recordo que no tots els habitants de Catalunya, València i Balears són Catalano-parlants), això no vol dir que no sigui important per qui viu a aquesta terra.

El problema no és una qüestió de senzills números, la qüestió és més profunda: i és que la llengua, qualsevol llengua, serveix per a obrir portes i no per tancar-les.

Si l'actitud dels Catalans és aquella de usar el Català com eina de tancament, de separació, de exclusió dels diversos, llavors el Català no té futur. En general, llengües que serveixen per demarcar qui és d'aquí i qui és de fora no tenen futur.

Creus que l'Anglès s'estudia por ser bonic o ser melòdic? L'Anglès s'estudia a tot el món perquè obre portes, porque permet estar en contacte amb tothom. És aquesta la força d'una llengua! 

Les llengües serveixen per obrir fronteres, per integrar, per comunicar amb persones diverses.

Sense aquesta abertura por part de la societat catalana, el la llengua catalana es quedarà una llengua marginal de una petita elite que acabarà desapareixent.


Ara, el Català té un avantatge essencial: és molt semblant al Castellà, no és gaire difícil per una persona de fora escoltar, comprendre i parlar Català, si jà sap el Castellà. Aixì que l'esforç per aprendre aquesta llengua és mínim. Tothom ho podria fer se això permet l'avantatge de integrar-se amb la població local.

Tot "els de fora" acabarien sent catalano-parlants i s'acabaria integran amb la cultura d'aquí. Nous catalans en poc temps.

En canvi si el Català es queda com llengua de protecció "dels d'aquí", "els de fora" no la aprendran, no la voldran, no l'estimaran.

Així que si els polítics segueixen amb la retórica del Català Contra el Castellà, está clar: el Català lentament desapareixerà.

Però si al contrari, es comença a veure el Català com Amic del Castellà, com llengües germanes que poden CONVIURE una al costat de l'altra, llavors el Català terà la oportunitat de continuar a existir.

La decisió es Catalana. 

Això no depen d'Espanya.


onda d'ombra


 

a lo hecho pecho


 

Sunday, 30 July 2023

MP CF



 

gracias a ellos


Querer ser mejor que los padres no suele traer buenos resultados.

No importa si los clasificas de ‘buenos’ o ‘malos’ padres, si sigues compitiendo con ellos te quedas atrapado en el pasado y no te concentras en tu camino presente.


Muy a menudo querer ser mejor persona es una manera indirecta de querer humillar a los otros, los que serían ‘los peores’.

Algo que aparentemente es un camino de luz se puede fundar en realidad en la venganza y el reproche frustrado. Eso no es un buen fundamento para ningún camino de crecimiento libre y positivo.


En vez de querer ser mejor que los padres, sería más conveniente decirles, internamente, estas palabras:


“Queridos padres, gracias a vosotros yo sé cómo me gustaría llegar a ser.

Si podré hacerlo diferente de cómo lo hicisteis conmigo, será también gracias a vosotros y a todo lo que me enseñasteis.

Gracias a todo lo que me disteis en abundancia yo ahora tengo fuerza y recursos.

Gracias a todo lo que no me disteis suficiente yo ahora sé claramente lo que necesito y que busco en mi vida.

Gracias a todo lo que me disteis y que yo no quería yo sé ahora lo que quiero evitar.


Si realmente lograré hacerlo diferente, igualmente soy vuestro hijo.


Vuestro trabajo fue el fundamento para el trabajo que puedo hacer yo ahora en mi vida.


Todo éxito que pueda tener en la vida es también gracias a lo que conseguisteis darme y por eso es un éxito compartido.

Un éxito de todos nosotros.


Quiero hacerlo mejor sólo porque gracias a vosotros yo ahora puedo hacerlo.


Intentaré ser lo mejor que puedo para que todos nos alegremos.”



@mas.pietrobon constelador familiar


Saturday, 29 July 2023

ritratto di foglie

Certo, al parco giocando con un bambino di quasi 2 anni, non si può pretendere molto, ma credo che il potenziale di questa foto renda l'idea


 

Wednesday, 5 July 2023

Accenti antichi (il caso dei Reti)

Riguardo alla Resilienza dell'Accento, mi donando quanto antichi possano essere gli accenti moderni di certe aree.

Mi spiego: l'accento è il vero nesso linguistico che ci collega intuitivamente alla nostra comunità e alle nostre radici, molto più della lingua.

A meno che non ci siano sostituzioni di popolazioni nella stessa area o fusioni di etnie diverse in proporzioni simili, se una popolazione soltanto cambia di lingua, anche se l'idioma è stato sostituito, l'accento tipico della regione resta.

Esempi chiari di questo possono essere le persone che in India parlano inglese come lingua madre, possono aver dimenticato completamente l'Hindi, ma l'accento che usano è quello tipico della propria gente.

Così per i Congolesi che parlano Francese come prima lingua, magari non parlano Lingala o altre lingue Bantù, ma l'accento è quello caratteristico di queste lingue.

Un caso interessante è quello degli Argentini che a tratti sembrano parlare con accento italiano. Infatti metà della popolazione argentina a inizio del secolo scorso era italiana e qualcosa nell'accento nazionale Argentino è rimasto di quell'ondata migratoria.

Insomma l'accento è un fattore sottile, persistente (molto più delle lingue stesse) e caratteristico di una popolazione specifica.

È chiaro che come tutte le manifestazioni umane anche gli accenti evolvono spontaneamente nel tempo, ma si potrebbe chiedersi se certi accenti non siano la continuazione diretta e intatta di popolazioni antiche. Evoluzioni autonome di un sostrato etnico apparentemente scomparso.

Chissà se la differenza d'accento tra Catanese e Palermitano non rispecchia le differenze di intonazione di Greci e Cartaginesi o che l'accento Sardo non sia lo stesso identico accento usato dai Sardi pre-Romani.

Insomma, su questa linea di speculazione vorrei presentare un caso interessante: l'accento "Alpino".

Avete presente l'accento bergamasco nel contesto italiano? Ecco, se parliamo del Tedesco invece, il tedesco del sud, alpino quindi, ha la stessa inflessione del bergamasco (a grandi linee) e le stesse tonalità basse tipiche. Allo stesso modo il Francese svizzero presenta le stesse caratteristiche nel contesto francofono.

Se uniamo queste aree di accenti "alpini" simili, scavalcando e dimenticandoci delle diverse lingue, notiamo come questo territorio a grandi linee si avvicini ai territori antichi dei Reti pre-romani.

È solo un'ipotesi ovviamente, ma se pensiamo che una popolazione africana, divisa tra colonizzazione francese o inglese potrebbe finire per adottare queste due lingue, ma in entrambi i casi conserverebbe l'accento originale, oppure se l'italia venisse conquistata a metà tra tedeschi e francesi, anche se finissimo per parlare l'una o l'altra lingua il nostro accento continuerebbe ad essere probabilmente fortemente italico. 

Forse la stessa cosa potrebbe essere accaduta a popolazioni quali i Reti.

Insomma, invito a riflettere sulla persistenza dell'accento e a quanto l'accento possa essere un identificiativo interessantissimo di radici antiche.


Tuesday, 20 June 2023

le due metà

la mano destra disegna la metà destra
la mano sinistra la metà sinistra
simultaneamente, specularmente, in parallelo

è solo un esperimento, ma...

in un certo senso questo è davvero un ritratto
in termini psicologicamente molto profondi...

cosa dice la sinistra risetto alla destra?

cosa dice la destra rispetto alla sinistra?



Wednesday, 7 June 2023

3 ragazze

 Tre scansioni di tre disegni di tre ragazze con tre stili diversi





carta etno-linguistica

Carta etno-linguistica del nord-est italiano tra la prima e la seconda guerra mondiale.
La cartina originale è stata modificata per mostrare: il Lombardo, L'Emiliano, il Veneto, il Ladino e il Friulano, invece della generica denominazione di "Italiano".
In quegli anni le lingue principali di questi territori erano queste e non l'Italiano standard, come oggigiorno, sicuramente.


 

la resilienza dell'accento

Più che la lingua, le parole, l'idioma, ciò che unisce alle nostre generazioni passate è l'accento.
La lingua non è altro che uno strumento di comunicazione. 
Se per ragioni culturali o storiche diventa utile/necessario cambiare lingua, ogni persona intelligente la cambierà.
Se vado a vivere in Spagna, in Brasile, in Cina o in Guinea, mi sarà conveniente parlare la lingua locale per comunicare e per farmi capire.
Non è un "tradimento" alla mia cultura, semplicemente ho sostituito uno strumento di comunicazione con un altro.

È chiaro che il bagaglio linguistico proprio della Lingua Madre è importante, è identitario, è un regalo creato poco a poco da generazioni e generazioni di comuni antenati radicati alla terra.
Ma se usare una lingua diventa difficile o inutile bisogna riconoscere che essa non è altro che uno strumento per celebrare la vita sociale, per aprirsi al mondo. Deve permettere e facilitare la vita, non intralciarla o complicarla.

Per cui abbandonare una lingua non significa abbandonare le radici.
Significa essere pratico, puntare verso la vita e il futuro.

(Ricordo comunque che nella maggior parte dei casi usare una lingua non significa mai abbandonarne un'altra. Le lingue possono coesistere senza nessun problema, dentro o fuori alle persone).

Ciò che invece spesso non si considera è la questione dell'accento.
L'accento non è un elemento che impedisce l'uso o il cambio di qualsiasi lingua, l'accento è semplicemente il modo locale di pronunciare frasi (in qualsiasi lingua).
L'accento indica la provenienza, indica la comunità da cui vieni, ma si applica a qualsiasi idioma.

Quindi, secondo me, la connessione con le radici, la connessione con la comunità, il rispetto per le proprie origini non viene dalla lingua, ma dall'accento.

Chi porta con naturalità e orgoglio il proprio accento, è connesso alle proprie origini.
Chi se ne vergogna e cerca di nasconderlo, si vergogna delle proprie radici.

È inoltre possibile che l'accento sopravviva come connessione alle origini ben oltre i cambi linguistici (latinizzazioni, arabizzazioni, inglesizzazioni, etc...)
Ipotizzo che certi accenti potrebbero essere il patrimonio sottile di millenni di evoluzione collettiva di certi popoli.

L'accento è più forte.
Se ti senti connesso alla tua terra, conserva l'accento, non necessariamente la lingua.

i-m-c



Wednesday, 31 May 2023

para ser feliz


Para ser feliz hay que saber abrirse a la tristeza.

Y a la rabia, al dolor, al miedo.

Y a todas aquellas emociones que clasificamos de negativas.


No podemos filtrar de antemano aquellas emociones que queremos experimentar: las emociones son instantáneas. Sabemos de qué se trata sólo en el momento en que las vivimos.


Lo único que podemos decidir hacer es de sentirlas (todas) o intentar no sentirlas (todas).


Si decidimos no sentir las emociones sí que podremos desconectarnos de la tristeza, de la rabia, del dolor, del miedo… pero también nos desconectaremos de la felicidad y de la alegría en nuestra vida.


Así que para ser feliz hay que saber abrirse a las emociones que no nos gustan.


Disfrutar la vida tiene que ver con saber fluir con la realidad y fluir con la realidad no significa estar en constante estado de paz: quiere decir estar abierto a lo que tenga que llegar.

Y eso quiere decir también abrir las puertas a (posibles) tristezas, rabias, dolores sin oponernos a ellas.


Cuando algo fluye de verdad, pasa y va a otro lado.

Así son las emociones cuando no encuentran resistencias.

 


Elegir abrirse a las emociones difíciles es elegir abrirse a la felicidad.


@mas.pietrobon


Thursday, 25 May 2023

Massimo Pietrobon's pages

Here you find all MP's web pages in which you can find my artworks.

These are the pages implemented by Funky Cardano and you can buy my pieces of art in Ada.

- Massimo Pietrobon in Kreate

- Massimo Pietrobon Store in Cardano

- Massimo Pietrobon W2MH


You can also find my graphic arts in other pages like:


Wednesday, 3 May 2023

surf park

 

Immaginatevi la versione su scala gigante di questo fenomeno:


Se immaginate questa cascata d'acqua come qualcosa di alto quanto un palazzo di 10 piani, ecco che potete capire a cosa mi riferisco: un'onda circolare perenne, continuamente surfabile



Si tratterebbe di un'attrazione spettacolare!
Inoltre una passerella fissa potrebbe permettere di buttarsi sul flusso d'acqua orizzontale che ti porta verso l'esterno a una velocità fenomenale (tutto in sicurezza, mi raccomando!).

Pero ecco: questa è l'idea semplice del Surf Park.
Magari in futuro la renderò più dettagliata e pratica.